S.M. di Leuca – Roccella Ionica

S.M. di Leuca – Roccella Ionica
Dopo questa tappa il dubbio è se comprare un pezzo di terreno a Roccella e coltivare liquirizia e peperoncino calabro oppure, non lo so, non c’è un “oppure”.
Abbiamo percorso 140 miglia in 24 ore di cui 18 a vela/motore e 6 di vela. Una tappa davvero impegnativa ma anche molto affascinante.
La pianificazione prevede la partenza alle 13:00 invece della solita levataccia all’alba perché nella mattinata viene dato un maestrale davvero cattivo nel golfo di Taranto ma in diminuzione nel pomeriggio.
In realtà il maestrale cattivo è stato solo un micino che ci ha fatto addirittura rallentare rispetto alla tabella di marcia. Prendo il punto nave ogni due ore e ci troviamo a circa 8 miglia al traverso di Punta Colonne in ritardo, siamo all’ingresso del Golfo di Squillace alle 01:00 dove mi aspettavo un vento forte da NW con raffiche di 20/25 nodi che avrebbero dovuto interessare solo la parte NE del golfo. Invece i venti di burrasca soffieranno per tutta la notte, navighiamo con 40/45 nodi e punte di 50, il vento ci allontana dalla rotta, dalla terra, ci spinge sempre più fuori e non posso farci niente. Il genoa è stato messo al sicuro per tempo, la trinchetta e la randa ridotta a un fazzoletto lavorano comunque troppo, la barca sbanda, le onde sono alte e sommergono tutto, chi sta al timone mette a dura prova la tenuta della cerata. Siamo in dicembre e ogni secchiata è uno schiaffo e ne arrivano così tanti e violenti che il giorno dopo sento ancora la faccia gonfia.
La giusta punizione non esiste ma fare il golfo di Squillace di notte in pieno inverno era un’esperienza che potevo evitare?
Tratto dal Portolano 777: “Temuto dai naviganti di tutte le epoche è descritto nelle cronache di sempre come luogo di naufragi e di violente burrasche. Gran parte delle sue caratteristiche (e della sua fama) le deve proprio al fatto che si apre alle falde dei monti della Sila, che lo orlano come un anfiteatro, mentre dall’altra parte si aprono gli abissi dello Ionio per qualche centinaio di miglia”.
Le previsioni marine delle App in alcune zone come questa, vanno lette con diffidenza, il quadro generale va completato con le esperienze locali.
Nei giorni precedenti avevo sentito Marco, Maurizio, Alessandro, l’”esperto” di Leuca, l’”esperto” di Crotone, l’”esperto” di Roccella, il 777, il Mancini, Predict Wind, Windy e Windfinder Pro. Mancava solo il prete di Santa Maria di Leuca che forse avrebbe detto la cosa più giusta per mano del Signore. Chi diceva di prenderla larga (la maggior parte), chi diceva “lascia perdere, fermati a Crotone”. Solo uno, Francesco, il giovane velaio diceva di passare sotto costa: “non ti salvi dalle raffiche ma almeno ti eviti le onde che in quella zona sono davvero cattive”, gli avessi dato retta, mannaggia. Non mi vergogno mai di chiedere consigli, andare per mare significa avere rispetto, un pizzico di sana paura ma anche l’umiltà di chiedere a chi in quelle zone c’è nato e ci naviga da sempre. Ma alla fine il fardello della decisione spetta al comandante e così decido di prendere la rotta larga. Che cazzata colossale e come dice il buon Pierluigi “questo mediterraneo sembra diventato un altro mare”. Tuttavia sarà per la mancanza della luna che fa esplodere il cielo stellato, sarà per “la musica che ci accompagna”, sarà per l’adrenalina che sale ma l’esperienza è mistica e corroborante per noi tutti.
I turni al timone per le ore notturne sono di un’ora, siamo in tre e quindi una persona al timone, una in pozzetto di supporto ed una in cuccetta con l’”obbligo di riposare”. Giubbotto salvagente per chi sta in pozzetto, sempre. Navigare in inverno è dura non solo per il freddo ma anche per le poche ore di luce. Il sole in questi giorni tramonta alle 16:32 e spunta come una carezza alle 6:58. Raffaele e Lorena sono bravi, Raffaele si porta un paio di volte a prua nonostante il beccheggio come il più esperto dei prodieri. Entrambi fanno i loro turni al timone e non mollano la rotta e l’attenzione alle onde nonostante il freddo pungente. Non abbiamo i “fari per vedere davanti a noi”, non c’è neanche la luna a darci un po’ di visibilità, solo un manto di stelle e quando siamo al timone cerchiamo tutti di “sentire” il vento, di “percepire” l’arrivo delle onde.
“Viaggiare a fari spenti nella notte per vedere…. se poi….. è tanto difficile morire….. e stringere le mani per fermare qualcosa che, è dentro me………… tu chiamale se vuoi …. Emozioni.”
L’alba poi è arrivata, bellissima ma insieme ad un cambio di vento repentino da SW così forte e rafficato da regalarci una bolina bella e strettissima (Lorena al timone) che ci ha fatto finalmente avvicinare alla costa all’altezza di Punta Stilo, la fine del golfo di Squillace per chi arriva da Est. A quel punto accendiamo il motore per risalire con il vento in faccia ma senza onde, fino a Roccella con un sole che ci ha scaldato anche il cuore. Dalla barca ci godiamo la vista delle montagne della Sila, delle colline e delle gole (i Calanchi) come se fosse una di quelle gite giornaliere estive lungo costa per i turisti che vogliono “vedere la terra dal mare” per poi tornare a godersi la spiaggia sotto l’ombrellone.
Su un tratto di quella lunghissima spiaggia vedo una barca a vela arenata, probabilmente vittima di una delle tante burrasche del Golfo di Squillace, ma penso anche che questa è terra di sbarchi di migranti. Penso a quella barca nel momento del naufragio, a quegli uomini, donne, bambini e al terrore che hanno provato e penso anche alla differenza tra noi che navighiamo per passione e diletto e chi per trovare una possibilità di vita e di riscatto da questo mondo tutto sommato sempre più di merda. Nel porto di Roccella ne vedremo a decine di barche sequestrate e abbandonate con a bordo ancora le tracce dei migranti: scarpe, maglioni, piccoli oggetti, salvagenti di fortuna e i giacigli dove per chissà quante notti hanno dormito per attraversare questo mare.
All’imboccatura del Porto di Roccella Ionica bisogna fare attenzione e passare molto vicino al faro rosso. Nel porto non c’è assistenza perché è domenica. Inutile commentare, capisco che siamo in inverno ma come è possibile che l’unico porto per centinaia di miglia, con circa 500 posti barca, resti chiuso la domenica? Però la gentilezza non manca e il responsabile degli ormeggi mi guida via telefono al posto barca “vicino ad una barca color lilla, impossibile non vederla”. E te credo!
Qui ne succede un’altra, mentre sto facendo manovra e sto arretrando, non riesco più a inserire la marca in avanti per frenare. La barca continua ad arretrare, non riesco a fermarla, rimetto a folle e poi ancora la marcia in avanti, inutilmente, la barca se ne va spinta anche dal vento fino a sbattere contro la banchina di cemento. Vi auguro di non provare mai un’esperienza del genere, il parabordo a ciliegia grande, quello grosso che avevo messo per prudenza nello specchio di poppa, visto che non c’era assistenza, scoppia come i palloncini alle feste dei bambini. Si sacrifica per il bene della barca. Rimetto la marcia in avanti, questa volta riprende e riesco a completare l’ormeggio. Dopo una sfilza di maledizioni a tutti gli Dei di Riace cerco di capire che caxxo è successo. L’elica Maxprop Easy 3 che non ha invertito le pale? E’ improbabile ma non si può escludere. La risposta più ovvia sta nell’invertitore, sento Lino il meccanico di Roma, gli spiego la dinamica e conferma l’ipotesi. Sono probabilmente i coni dell’invertitore, contatto l’assistenza Yanmar più vicina, quella di Tropea dove mi toccherà per forza fermarmi, sarà un vero sacrificio tra cipolle rosse, pizza gourmet, moscardini fritti da Cecè e tartufi artigianali. Daje, “ma bomba o non bomba arriveremo a Roma, malgrado voi…..”

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