Ponza 2021

E’ finita la prima settimana di viaggio, giorni leggeri con compagni di viaggio ideali. Le tossine cominciano a diluirsi e ho ricominciato con le nuotate mattutine, quelle fatte prima di ogni altra cosa, passando dal tepore della cabina, al fresco pungente ma benefico dell’acqua cristallina. Siamo partiti da Fiumicino alle 8.00 di sabato 12 giugno con rotta verso Palmarola. Volevo evitare di arrivare a Ponza di sabato sera. Il primo tratto lo facciamo a motore in un mare che è un olio ma la barca non si è accontentata delle tante settimane di preparazione e ha voluto dire la sua tirando fuori qualche problemino tecnico: la randa non si è aperta proprio quando è arrivato un po’ di vento, il profondimetro che otre i 150 va in palla e non si è resettato proprio nel momento in cui serviva, il nuovo sistema per centrare la caduta della catena al primo utilizzo ha rilevato un vizio imprevisto, una sporgenza che “sporca” lo scorrimento.
Risolviamo tutto o quasi, la randa fa ancora dei capricci ma è migliorata.
Finalmente siamo in rada, a Palmarola, isola disabitata tranne la zona di Cala dell’Acqua, meglio nota come Cala de “o’ francese”. Per chi non la conoscesse ecco la storia. 

Restiamo due notti a Palmarola, versante est, è godiamo di un’acqua cristallina e turchese come se non ne avessimo mai vista ed è incredibile pensare che siamo a “due passi” da Roma.
Lunedì arriviamo a Ponza ma per la notte è previsto un levante così ci fermiamo a Cala Feola sul versante occidentale. Incontro Maurizio Lamorgese con la sua “Maria Cristina” e i suoi ospiti. A Cala Feola ci sono le piscine naturali e il punto da dove ci tuffavamo da ragazzi. Facciamo un bel giro in canoa fino a Cala dell’Acqua proprio quando è in arrivo la nave cisterna “Palmarola” che alimenta l’acquedotto dell’isola.

Nel pomeriggio facciamo una bellissima veleggiata per andare al porto, passiamo vicinissimi alla baia “Lucia Rosa”, una baia dedicata ad una ragazza di buona famiglia che a metà dell’800 si suicidò gettandosi da una rupe perché la famiglia non voleva che sposasse un giovane di umili origini.
Arriviamo a Ponza Porto e ormeggiamo vicino a Giuseppe e il suo catamarano, facciamo un aperitivo “very strong” con variante bresciana dello spritz. Scendiamo a terra per un giro in paese.
Scendiamo di nuovo la mattina per una piccola integrazione alla cambusa e alle 11.00 ripartiamo con rotta verso Ventotene dove ci aspettano altri amici. Lasciando alle spalle l’isola penso a Giorgio Amendola, alla sua “scelta di vita”, alla sua storia di confino ma soprattutto al suo amore indissolubile per la sua Germaine, la “parigina”. Qui la storia.

L’entrata nel porto romano è stretta e difficoltosa ma Enrico e i suoi ti aiutano e non ci sono mai problemi, ormeggiamo di poppa per evitare di scendere con la tavola a prua. Ventotene è sempre bella, è sempre quella di quando eravamo ragazzi, un fascino unico, le immersioni subacquee, le lenticchie mangiate in inverno insieme alla zuppa di pesce, il campeggio di cala nave, la chitarra sulla spiaggia, la festa di Santa Candida con le mongolfiere, la processione, il tiro alla fune, la gara dei tuffi e la gara di nuoto da Santa Stefano al porto Romano. Ma anche “l’Isola” di Sandro Pertini, Altiero Spinelli e tanti altri padri nobili della Repubblica. Una memoria storica sempre viva sull’isola anche grazie a Fabio Masi che ha riempito la sua libreria «Ultima spiaggia», in piazza Castello di fronte al Municipio, di volumi che raccontano la storia dei reclusi di Santo Stefano e i confinati di Ventotene: molti li ha editati lui stesso, come Ventotene isola di confino, della brava scrittrice e storica isolana Filomena Gargiulo.
Ripartiamo da Ventotene facendo rotta su Ischia. Arriviamo a Ischia alle 18,30 e ormeggiamo sotto il castello che ci regala una serata splendida con le sue luci e la sua imponenza. Questo, insieme a Sant’Angelo sono gli ormeggi a Ischia che amiamo di più.

La mattina scendiamo con il tender e andiamo a visitare il castello con la guida che ci fa calare nell’atmosfera secolare, nelle vicende storiche fatte di assedi, eruzioni vulcaniche fino alle prigioni borboniche con i prigionieri dei moti del ’48 che venivano portati qui per morire lentamente di stenti, fame e torture: il tempo medio di prigionia non superava i due anni.

Dal castello si gode uno dei panorami a 360 gradi più belli che abbia mai visto ma, a parte la bellezza, questo lo rendeva un posto strategico da conquistare.
L’ormeggio a Ischia Porto dove andiamo per il cambio equipaggio è funestato dalla risacca dei traghetti e dalle decine di barche che passano a velocità folle. Nessuno rispetta i limiti e soprattutto non c’è nessuno che li fa rispettare. Di bello c’è il ristorante “I Ricci” sul lato nord dove si mangia una zuppa di pesce favolosa.

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