Da Bari a Brindisi

29 novembre, tappa da Bari a Brindisi, una giornata da dimenticare, partiamo alle 05:58 è buio pesto, fa freddo, molto freddo. Dopotutto, mi dico, hai voluto fare “sta crociera invernale”? E allora zitto e naviga. Abbiamo da percorrere 70 miglia circa. Lasciamo Bari con il ricordo dei vicoli della città vecchia, le orecchiette e le “orecchione” fatte a mano fuori l’uscio delle case. La gentilezza e l’accoglienza di Alessandra Lama e Angelo. Ieri sera a casa di Alessandra, in mezzo ai suoi grandi e bellissimi quadri abbiamo scoperto anche la vena artistica di Raffaele.
Ci aspettiamo un vento da SW (libeccio) che a metà giornata dovrebbe arrivare con raffiche tra i 28 e 30 nodi. Non c’è onda perché viene da terra e al primo chiarore apriamo subito il genoa e ci godiamo questi 14/18 nodi quasi al traverso che ci fanno scivolare che è una meraviglia.
Appena il vento comincia a rafforzare cerchiamo di chiudere il genoa per aprire la trinchetta ma arriva il primo guaio della giornata, senza una ragione plausibile si scuce la banda UV della vela, un bel taglio lungo, una ferita che mi ricorda quella ben più grave della traversata del Tirreno del 2020. Ma lì le condizioni erano estreme, non avevo la trinchetta, era notte, il vento superava i 40 nodi e c’erano onde che rendevano ancora più difficile il tutto. Qui siamo di giorno, con vento forte ma non più di 25 nodi, ordinaria amministrazione per Thien Hau. E evidente che forse è arrivata l’ora di cambiare vela, la “ferita” è proprio lungo la cucitura della banda, tipica di una vela datata e sottoposta a un uso intensivo come quello che abbiamo fatto per tutta la stagione, dal Tirreno all’Adriatico e lungo la costa della Croazia. Bisognerà mettere in conto questa spesa per il 2022, il genoa è il vero motore di ThienHau.
Grande tristezza ma bisogna andare avanti, finiamo di chiudere in fretta per evitare ulteriori danni e apriamo la trinchetta. La barca va con trinchetta e tre mani di terzaroli alla randa. Nonostante le vele così ridotte filiamo che è una bellezza, tocchiamo punte di 8,5 nodi di velocità, siamo vicini al punto di massima dettato dalla “famosa” formula Vm = 1,35 √(L) dove L è la lunghezza al galleggiamento dello scafo espressa in piedi e Vm la velocità espressa in nodi e che per la mia barca di 45 piedi dovrebbe essere di circa 9,3 nodi .
Comunque grazie al forte vento e alla mancanza di onde filiamo come una Formula 1 anche se in realtà le onde cominciano ad arrivare soprattutto al traverso di Torre Canne perché navighiamo distanti dalla costa, almeno sette/otto miglia e il fetch aumenta e con esso le onde. Il vento aumenta ancora e arrivano le prime secchiate di acqua gelida che in questa stagione sono come schiaffi. Lorena al timone legge e urla che ci sono 48 nodi di vento reale, le scarpe non adatte mi fanno bagnare e gelare i piedi. Le cerate invernali servono a poco se i piedi sono freddi ma che ci posso fare se non trovo scarpe/stivali da barca della mia misura???
Ci avviciniamo a Brindisi ma la testa sta a Roma, alle notizie che arrivano da casa che mi rodono il cervello e penso che questo 2021 continua ad essere davvero un anno di merda.
Arriva un groppo di quelli violenti che si leggono nei racconti di mare, terribile, in pochi minuti non si vede più niente, pioggia, tuoni e vento fortissimo, metto da parte i pensieri, devo portare la barca al sicuro nel porto, mai metafora è stata più azzeccata.
Mancano tre miglia all’imboccatura, sembra che si stia calmando e ne approfitto per accendere il motore e andare a chiudere la trinchetta, raccomando a Raffaele di mantenere un’andatura al gran lasco con i giri del motore ad un livello tale da depotenziare la pressione sulla vela. Invece succede di tutto, mentre sono in ginocchio lungo la battagliola di babordo con il circuito dell’avvolgitore, arriva un altro groppo stavolta di grandine, Raffaele sbaglia andatura e mi regala una bolina stretta che con quelle raffiche fa strappare la scotta dal winch e dal controllo di Lorena che doveva rilasciarla gradualmente. Mi ritrovo sotto una grandinata violenta e la scotta che mi frusta con violenza sulla schiena manco fosse una tortura dell’inquisizione. Torno in pozzetto, recupero la scotta, correggo l’andatura impostando il pilota automatico e raccomando ancora una volta a Lorena di rilasciare in modo controllato la scotta man mano che io recupero. Torno alla manovra e stavolta riesco a riavvolgere la trinchetta. Sono esausto e infreddolito. Entriamo nel lungo avamporto di Brindisi, circa tre miglia prima di arrivare al bacino interno. Tra i tanti guai della giornata si sono rotti anche i miei occhiali, potrei usare quelli da sole graduati ma sta facendo buio e sarebbe peggio, vado così e speriamo bene. Il vento all’ormeggio è forte, ci sono circa 27 nodi sempre da SW e li avrò proprio al traverso. Non so come riuscirò, senza occhiali e infreddolito, infatti sbaglio, finisco sulle trape della barca sottovento ma alla fine mi sblocco e riesco ad entrare senza danni in un posto talmente stretto che i parabordi quasi non entrano. Che succederà ancora? Spero che sia finita, sono dieci ore che navighiamo e siamo stanchi, collego il cavo della corrente alla banchina ma non funziona, discussioni con l’ormeggiatore per mezz’ora prima di capire che il problema è il mio cavo, vecchio anche lui, vecchio come il mio genoa, vecchio come me. Viene Paolo di Blue Rigging a prendere la vela da riparare, sostituisco il cavo con uno di rispetto che ho in barca, accendiamo la stufetta, facciamo una doccia e crolliamo.
Tutto si aggiusta, tutto si sostituisce, tutto o quasi.

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