Da Levanzo a San Vito Lo Capo
Da Levanzo a San Vito Lo Capo
E’ mercoledì 5 agosto ed è ora di lasciare le Egadi. Da Levanzo siamo partiti alle 10:00 (ce la prendiamo sempre comoda) dopo una buona e gustosa colazione siciliana al bar del porto. Tra un ormeggio e un altro Nicola trova il tempo per sistemare un vecchio motore diesel, lo ha messo su un bancone da lavoro proprio vicino alla banchina. In questo modo può lavorarci nei momenti di pausa tra gli ormeggi dei traghetti e l’arrivo dei diportisti come noi. L’inverno scorso ha rifatto i mobili della cucina di casa, parliamo di motori marini, di falegnameria, di impregnanti, di gomma lacca e di mio papà restauratore di mobili e mi dice di come sia difficile trovare pezzi di ricambio e attrezzature vivendo su un’isola.
Dopo la chiacchierata con Nicola si parte. Lasciamo le Egadi, isole selvagge e pittoresche, splendidi approdi per velisti come noi, con la sensazione di non averle “gustate” abbastanza. Troppe cose non viste soprattutto all’interno delle isole, a volte per ragioni meteo, altre per la maledetta fretta e il calendario tiranno, ma molto spesso per mancanza di energia. Scendere a terra per un’escursione significa pensare a un ormeggio sicuro, lasciare la barca e organizzarsi per muoversi all’interno e questo non è sempre facile. Alcune cose come la tonnara di Favignana e le semplice passeggiate per i paesi erano imperdibili e le abbiamo fatte, ma c’erano mille altre cose da vedere e abbiamo rinunciato. Torneremo ancora, anche perché Giovanni e Nicola gli ormeggiatori di Levanzo, mi hanno fatto iscrivere alla loro associazione quindi ci rivedremo ancora.
C’è un leggero Scirocco che ci porta verso Nord, passiamo vicinissimi al faro sugli Scogli Porcelli davanti Trapani, costeggiamo punta Saraceno e la maestosità del Monte Cofano con i suoi 659 metri proprio a picco sul mare.
Michela ci racconta della separazione dal marito, dei conflitti con la figlia, della sua storia, delle sue letture, anzi delle nostre. E’ bello parlare con lei e poi l’unica con una patente senza limiti ma soprattutto che sa stare in barca, sa come muoversi non solo in termini marinari anche in termini di relazioni. E’ veneta, ma si sa, nessuno è perfetto.
Infine arriviamo a San Vito Lo Capo dopo quattro ore e mezza di veleggiata. Ammainiamo le vele solo all’imboccatura del porto…
Sono le 16:00 circa e siamo orgogliosi di aver fatto tutta la tratta da Levanzo a San Vito Lo Capo esclusivamente a vela. E’ stato molto bello, ci fermiamo fuori dal porto per concederci un bagno prima di entrare anche se c’è una fastidiosa onda lunga, siamo di fronte alla grande spiaggia di sabbia bianca di San Vito, sarò il solito snob radical ma comincio a sentire la puzza di folla estiva e troppo festaiola.
Entriamo nel porto verso le 19:00 e all’ormeggio del “Nautico Sanvitese” ci accoglie un ormeggiatore che sembra Robinson Crusoe: pelle rugosa e rinsecchita dal sole e dal sale, cappello di paglia, magro come un chiodo, non alto più di un metro e sessanta e sigaro incollato alle labbra. I vestiti sono un po’ logori, incartapecoriti e scoloriti dal sole.
L’entrata nel canale dove ci hanno assegnato il posto barca è strettissima, il posto è di una misura inferiore alla nostra barca e c’è vento al traverso. Entro come in un guanto di pelle e sono molto orgoglioso della manovra ma Michela sminuisce e dice che non era poi così difficile. La guardo deluso, e questa sarebbe un’amica? Mi consolo con il Robinson Crusoe, dice che era sicuro che non ce l’avrei fatta al primo tentativo in modo così pulito.
Quando vado a registrare l’arrivo all’ufficio il direttore si scusa per avermi fatto ormeggiare in un posto più piccolo, ma…. “ho visto che ha fatto una buona manovra nonostante le dimensioni e il vento”.
DUE ZINGARI
Ecco, stasera mi piace così |
San Vito Lo Capo ad agosto non è il massimo, è molto turistica, ma vale comunque la pena di esserci; il panorama, il mare, il paesaggio costiero sono davvero bellissimi.
Andiamo in paese diverse volte, in una di queste passiamo per il campo di basket, vicino alla spiaggia e qui trovo un ragazzo alto, magro, tonico che gioca a basket da solo. Impossibile non fermarmi, non per le fattezze del ragazzo piuttosto per la palla e il cesto. Per chi non lo sapesse ho sempre avuto due passioni, il basket (ero nazionale juniores) e l’apnea. Il ragazzo che gioca dice di essere un appassionato di apnea: “riesco a scendere fino a 20 metri!” Il fisico che ha è quello giusto per l’apnea. Non gli dico che per festeggiare i miei 55 anni sono riuscito a fare i 30 metri in assetto costante preparandomi per un anno intero con Apnea Academy. Non per presunzione ma alla sua età i 20 metri li facevo come riscaldamento. Comunque ci facciamo due tiri insieme e non riesco a metterne dentro nessuna, solo alla fine riesco a calibrare e ad infilarne diverse di fila. Il basket mi piace sempre, non so se esiste una “filosofia della palla che deve entrare nel canestro”, ma quegli attimi in cui dopo che hai disteso il braccio e l’hai lanciata, la palla percorre la sua parabola, sono la metafora della vita in cui ti impegni e fai di tutto per fare centro: nel lavoro, nelle amicizie, nell’amore. A volte la palla entra perfettamente con il suo “ciuff”, altre volte prende il ferro, sembra voler entrare, poi entra o all’ultimo scivola via iludendoti crudelmente. Altre volte non prende proprio niente, cade nel vuoto. Ma il giocatore di basket questo lo sa, è il gioco della vita in cui non basta tirare a casaccio confidando troppo nel famoso fattore K anche se spesso è lui che decide.
I dintorni di San Vito sono ricchi di angoli affascinanti, uno da non perdere e che si può raggiungere a piedi è il faro. In quella zona di mare il fondale è profondo centinaia di metri ma poi risale velocemente in prossimità della costa. Quando arrivano le mareggiate da NW le onde e le correnti sul fondo incontrano questo gradino sommerso e spinte dalla loro immensa forza salgono altissime per poi abbattersi con violenza sugli scogli. Qui la natura spesso offre immagini spettacolari che riescono sempre ad emozionare.
A San Vito in estate viene allestito anche un cinema sulla spiaggia con uno schermo gonfiabile che galleggia a pochi metri dal bagnasciuga mentre le sedie della platea vengono disposte sulla spiaggia.
Lino non parla spesso, ha momenti di solitudine e riflessione ma quando l’argomento diventa interessante esce piacevolmente allo scoperto. Mi parla a lungo del teatro dell’improvvisazione, delle tecniche di recitazione e di come inventare i testi improvvisando. Chissà se aggiungerò anche questa alle tante cose che ho pensato di fare durante l’inverno? Mi parla anche del suo essere buddista e mi torna la voglia di rileggere il Siddharta di Hermann Hesse. Questo lo metto sicuramente alla lista delle letture invernali. Ascolta canzoni e testi sacri con le cuffie per isolarsi maggiormente e vivere appieno la sua spiritualità.