E’ lunedì 6 luglio, dormire e svegliarsi ormeggiati in rada a Porto Frailis fa sempre un bell’effetto, siamo a pochi passi dalla casa di Roberta e Stefano. Certo, ci sono baie più belle e isolate a poche miglia da qui, ma questa ha il suo fascino ed è proprio a ridosso di Arbatax.
Al momento di salpare si concretizza uno dei miei incubi ricorrenti: il verricello è bloccato. Ogni marinaio ha la sua lista di preoccupazioni, perché conosce le debolezze della propria imbarcazione. Debolezze che non dovrebbero esserci ma che spesso per ragioni poco razionali vengono messe in conto tra i rischi calcolati. Comunque dobbiamo tirare su la catena a forza di braccia e cominciare a lanciare l’SOS telefonico agli amici della zona.
Torniamo al porto di Arbatax e viene Stefano a vedere com’è la situazione.
Chiedo al cantiere Mulas e a @DanieleMulas in particolare, gli racconto del viaggio, del giro del Tirreno, della mia pensione, insomma capisce la situazione e mobilita due dei suoi bravi meccanici che smontano tutto e portano in officina per aprire, lubrificare, rettificare e perfino rifare al tornio alcuni pezzi mancanti che a ordinarli avremmo dovuto aspettare giorni e giorni.

Nello smontare trovano anche dei pezzi esterni all’interno degli ingranaggi, come ci sono finiti? Non sono pezzi rotti degli ingranaggi, vengono da fuori, sono proprio alieni. Non riusciamo a capire, ma sono probabilmente entrati durante i caricamenti della catena.
Alla fine si rimonta e il tutto sembra funzionare con la raccomandazione di trattarlo con delicatezza. Purtroppo quando si salpa, non ci sono sempre io a prua a manovrare perché devo stare al timone. Il tentativo di usare il comando a distanza in radiofrequenza è fallito miseramente e non poteva essere diversamente a causa del secondo problema strutturale, ovvero la discesa della catena che è troppo a ridosso della paratia a poppavia del gavone. La catena “aderisce” alla paratia, costruisce la sua “piramide”, arriva all’imboccatura da cui esce e blocca tutto. Questo significa avere sempre una persona a prua che con un mezzo marinaio, oppure a volte anche scendendo all’interno del gavone dell’ancora (operazione pericolosa da non fare!), deve distribuire la catena ed evitare il formarsi della “piramide”.
Il problema si potrebbe evitare spostando in avanti il verricello così da avere un punto di caduta più centrale oppure addirittura portare il verricello in coperta, guadagnando così almeno 25 cm in altezza, e quindi in volume sottostante. Entrambi gli interventi richiedono lavori strutturali non da poco, il verricello è un punto di presa importante con forze che entrano in gioco ad ogni ormeggio. La soluzione più leggera a cui sto pensando, senza fare lavori strutturali, è quella di ridurre la lunghezza della catena portandola da 100 a 50 metri e impiombare altri 30 metri di tessile. Così facendo, potrei ridurre il volume occupato oltre ad alleggerire notevolmente la prua.
Sinceramente non credo più nel dogma dei “100 metri di catena a bordo”, in verità non ho mai ancorato dando più di 50 metri e so bene che ci sono altri sistemi per rendere più efficienti questi 50 metri di catena, come appennellare un’altra àncora lungo il calumo per aiutare l’appiattimento sul fondo della catena stessa. Quindi credo proprio che mi convertirò all’idea di avere meno catena e adottare un mix di catena e tessile ad alta resistenza. Per unire il tessile con la catena non c’è solo la tecnica dell’impiombatura, si possono usare redance e grilli. In inverno deciderò quale sarà il miglior sistema di giunzione da usare.

impiombatura
Comunque nelle settimane passate, nonostante le raccomandazioni, probabilmente qualcuno ha strattonato con forza, troppa forza. Inutile dire che l’unica di cui mi fido ciecamente per questo compito è la Capitana, che però adesso non c’è, mi raggiungerà a Cagliari, tra una settimana. Nel frattempo c’è Michele che è al suo primo imbarco e che ce la sta mettendo tutta.
Si è fatta sera e il verricello è stato rimontato, ma decidiamo di salpare ugualmente, lascio il porto di Arbatax ringraziandoli per l’aiuto, ma soprattutto grazie al cantiere Mulas, alla sua gentilezza e professionalità.
Facciamo poche miglia, doppiamo per la seconda volta capo Bellavista e diamo fondo alla Spiaggia di Cea, siamo in paradiso che è quasi buio. Venticinque anni fa qui a Cea, portavamo i nostri figli cuccioli, ci sembrava un posto speciale e oggi sarebbe ancora più bello se ci fossero anche loro con me.

Cea
Michele è pieno di sorprese ha un drone che fa volare sulle nostre teste, molto in alto. Di mattina scendiamo in spiaggia e il drone vola fino alla barca e ai faraglioni di Cea. Sono le prime riprese aeree della nostra Thien Hau. Devo aggiungere la voce “drone” alla letterina per Babbo Natale.
Lasciata la splendida Ogliastra abbiamo iniziato lentamente, ma definitivamente a puntare verso Sud.

RICETTA dello chef di bordo Michele, “pasta alla Piero Tordini”
Scaldare fino a circa 90 gradi l’olio nella padella con aglio schiacciato e rosmarino, spegnere e lasciarlo riposare. Quando la pasta è quasi cotta aggiungete la granella di pistacchi e dare un altro colpo di calore. L’aspetto deve essere quello di una granella nell’OLIO e non di una granella oliata. Versare la pasta nella padella, mescolare e servire nei piatti con qualche granello di sale grosso per “sgranarlo” tra i denti. Il tutto accompagnato da un Amarone Valpolicella del 2016… Ovviamente l’Amarone non fa parte della ricetta, ma ci piace arricchire di preziosismi i nostri menù.

Michele continua a sorprendermi, così come Sandra, sono perfettamente intonati nella loro sinfonia familiare, Sandra cura Ulisse con una pazienza infinita, ogni tanto lo allatta, ogni tanto riesce a staccarsi per fare le sue pratiche yoga.
Michele cucina bene e questa è una grande fortuna, soprattutto per me che in questo viaggio non riesco ancora a far venir fuori la mia vena culinaria.
La sera in rada accendiamo le candele, Sandra fa addormentare Ulisse, io e Michele guardiamo le stelle e spariamo cazzate in compagnia di un bicchierino. Michele si sta scolando il mio whisky torbato preferito, la mia riserva speciale privata! Però sono contento che sia lui a berlo!
Facciamo tappa a Foxi Manna. Scendiamo a terra per far giocare Ulisse, lo prendo per mano e ci facciamo una passeggiata sulla spiaggia. E’ bello vedere che ha fiducia in me, anche se mi conosce da così pochi giorni. Sono contento anche di regalare qualche momento di pace a Sandra e Michele. Mentre passeggiamo incontriamo una donna, sulla quarantina che sta insieme ai genitori. Ci ha visto scendere dalla barca ormeggiata in rada. Mi chiede della rotta, del viaggio, dell’imbarcazione, delle vele, delle dotazioni. E’ una velista bloccata a terra e mi parla con gli occhi di chi muore dalla voglia di tornare a imbarcarsi. Il viaggio prosegue verso Sud, la costa è ricca di spiagge lunghissime e bianche. Un posto davvero speciale dove fare tappa è la Spiaggia di Murtas. Non ci siamo fermati per la notte, sembra che sia zona militare, sembra che ci siano residui radioattivi, non so quanto sia vero, il posto però è completamente deserto. Anche qui scendiamo a terra e anche qui incontriamo due ragazze sotto un ombrellone, l’unico per chilometri di spiaggia, che attaccano bottone (o sono io a cominciare??). Una romana e l’altra genovese, amiche per qualche motivo che non ricordo, sono in viaggio in macchina lungo la costa, stanno in un B&B della zona e la proprietaria del B&B ha consigliato loro di vedere questo posto speciale e hanno fatto qualche chilometro di sterrato per arrivarci e piantare il loro ombrellone. Noi ci siamo arrivati dal mare e siamo rimasti abbagliati dallo smeraldo dell’acqua e dalla spiaggia di ciottoli bianchissimi.

 

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